….(La psichiatria come intuizione eidetica: come immaginazione: come immersione nelle attese e nelle speranze ferite: come cura che è comprensione umana e accoglienza, umana solidarietà e relazione, ascolto delle parole, degli sguardi e delle lacrime. La psichiatria non può non essere anche questo)
…ho sempre considerato la cura in psichiatria come la espressione di emozioni e di attese, di speranze e di nostalgie, di discrezione e di saggezza, di prudenza e di pazienza, cose difficili e forse impossibili da trovare, e nondimeno da ricercare senza fine, in noi e negli altri da noi, perché senza di esse non c’è psichiatria umana e gentile, aperta all’ascolto e alla relazione, alla comprensione della solitudine e del silenzio, e in fondo alla accoglienza del mistero, che inonda la vita, quando in particolare sia ferita dal dolore e dalla sventura, dalla sofferenza e dalla tristezza, dal desiderio della morte volontaria. Si fa sempre fatica, grande fatica, a rimeditare e a descrivere le esperienze lontane e vicine della nostra vita, che tendono a cambiare nel corso del tempo, e che nondimeno ci aiutano a ricostruire un passato che rivive nel presente, e nel futuro.
Che bello se molti psichiatri lavorassero così…”psicoterapeuti con il farmaco “e non sterili chimici che dispensano illusorie pillole di felicità. Soprattutto nei reparti psichiatrici ospedalieri, nei consultori, nei centri pubblici di aiuto psicologico…Voglio credere che qualcuno ci sia; qualcuno che “perda” tempo ad accogliere, a capire, a soffermarsi sulla differenza di uno sguardo, di un silenzio, di un pianto, di una voce, di una disperazione …senza fretta…